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Kapuściński al cinema

  • Immagine del redattore: Quilombo Cultura
    Quilombo Cultura
  • 15 mag 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 29 mar 2022

Ancora un giorno per narrare il mondo


Un solo giornalista per tenere monitorata la situazione di cinquanta Paesi africani. Così si potrebbe riassumere, in poche parole, la vita lavorativa di Ryszard Kapuściński, il reporter polacco operativo tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta che ha testimoniato meglio di chiunque altro la realtà della decolonizzazione africana in reportage e saggi pubblicati in molti Paesi del mondo, Italia in testa.


Un docufilm purtroppo ancora attuale

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La locandina del film

Un paio di anni fa è uscito anche nelle sale del nostro Paese il documentario a disegni animati (sarebbe riduttivo definirlo cartone animato) “Ancora un giorno” (titolo originale: Another day of life), trasposizione per il grande schermo dell’omonimo saggio di Kapuściński, realizzato con la regia di Raúl de la Fuente e Damian Nenow. La pellicola è oggi disponibile su Amazon Prime Video e non ha perso nulla della sua urgente attualità.

Nel film, lo spettatore incontra il giornalista e narratore Ryszard “Ricardo” Kapuściński e lo segue nei concitati giorni che seguirono all’indipendenza dell’Angola, nel pieno della guerra civile tra l’MPLA, il movimento di liberazione marxista-leninista, e i liberisti filo statunitensi dell’UNITA. Il film mantiene un taglio militante, ma mai retorico: mostra chiaramente come il protagonista parteggiasse per i ribelli dell’MPLA, ma denunciasse qualsiasi tipo di violenza. Le contraddizioni non sono censurate, ma ad essere messa in risalto più di ogni altra cosa è l’umanità, soprattutto quella di chi era consapevole che sarebbe morto per il futuro e la libertà del proprio Paese.


Violenza, speranze, perdita, futuro… sono queste le parole che rimbalzano durante tutta la durata della pellicola, in un crescendo di emozioni che catapultano il pubblico in sala all’interno degli stessi pensieri del giornalista, tra ricostruzioni degne delle migliori docufiction, reali interviste ai protagonisti di quei giorni e scene surrealiste come quelle in cui i tasti si staccano sotto le dita del reporter e iniziano a volteggiare attorno a lui.

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Ricardo e Carlotta in una scena del film

I diversi personaggi, protagonista in testa, emergono nella loro complessità umana, senza mai cedere a semplificazioni di sorta. Il “Ricardo” cinematografico si muove come un equilibrista lungo il confine del conflitto, tra sete di conoscenza, spirito di verità e pura incoscienza da sensation seeker. Tra i vari personaggi che circondano Ricardo nella sua permanenza in Angola, colpisce in particolar modo la figura della bella Carlotta, militante guerrigliera dell’MPLA che sogna un Paese libero e attento ai diritti dei bambini, istruzione e sanità in testa.


Quando Kapuściński ha scritto il suo reportage era il 1975, ma la guerra civile in Angola è durata, con alcune interruzioni, fino al 2002 e ancora oggi tanta è la “confusao” nello stato africano. La speranza, usciti dalla sala, è che il film di Raúl de la Fuente e Damian Nenow riesca a accendere un faro sia sulla situazione del postcolonialismo in Africa che sulla produzione letteraria del giornalista polacco.

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