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La morte ti fa bella, ovvero la distruzione che attrae

  • Immagine del redattore: Quilombo Cultura
    Quilombo Cultura
  • 23 gen 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 23 mar 2022

Bellezza e distruzione in una coppia di foto di Tom Hegen


La morte ti fa bella

“La morte ti fa bella” è un pluripremiato film statunitense degli anni Novanta, ma questa macabra l’espressione può essere usata anche per l’affascinante mostra fotografica intitolata Human Habitat – Paesaggi dell’antropocene allestita presso le Gallerie di Piedicastello a Trento. L’esibizione presenta come la distruzione del nostro pianeta possa dare vita allo stesso tempo ad effetti geometrici e cromatici che all’occhio umano risultano attraenti.

La mostra si articola in tre sezioni: in una prima parte troviamo una serie di scatti di artisti emergenti che sono stati selezionati attraverso una call, la parte centrale è costituita invece da una piccola installazione che, attraverso luci e parole, traghetta lo spettatore verso la sezione finale che ospita gli scatti mozzafiato di Tom Hegen, un fotografo tedesco noto sul piano internazionale.

Tesoro nascosto

Se dovessimo stilare una categoria dei luoghi culturali non adeguatamente considerati, dovremmo purtroppo segnalare anche la location denominata Gallerie di Piedicastello, situata nell’omonimo quartiere di Trento. Questo originalissimo spazio è infatti costituito da una doppia galleria stradale non più in uso che è stata adibita ad affascinante polo museale gestito dalla Fondazione del Museo Storico Trentino.

In queste settimane stanno ospitando diverse mostre, una delle quali mi ha notevolmente colpito. Si tratta dell’esposizione fotografica Human Habitat, dedicata al sempre più complesso rapporto tra uomo e natura, ma con un taglio assolutamente originale. Le fotografie infatti mostrano immagini di straordinaria bellezza e armonia cromatica che fanno nascere nella mente dello spettatore un’attrazione che si trasforma repentinamente in orrore nel momento in cui si legge la didascalia. Si tratta infatti di luoghi – o meglio di non luoghi – in cui l’essere umano ha imposto la sua presenza ai danni del pianeta che lo ospita.

Tra epoquetude, morbique e chuco sol

Un pannello della mostra

La sezione centrale della mostra è dedicata anche alle parole: qui compaiono alcuni neologismi che esprimono sentimenti contrastanti rispetto ai cambiamenti naturali in atto. Il visitatore viene così a conoscenza di termini che esprimono sensazioni ahimè sempre più comuni, prima tra tutti l’epoquetude. Questa parola esprime la consapevolezza che la crisi che l’umanità sta creando con le sue azioni potrebbe portare alla scomparsa della nostra specie, senza intaccare la capacità di resilienza del nostro pianeta. Di contro, e forse è più triste ancora, il chuco sol rappresenta l’attrazione che proviamo davanti ad un cielo rosso vivo al tramonto, anche se siamo consapevoli che quella colorazione è data dall’inquinamento dell’aria. Per non parlare del morbique, un desiderio provato sicuramente da molti di noi, costituito dalla voglia di visitare dei luoghi per farne esperienza diretta prima che scompaiano.

La reazione nello spettatore è quindi duplice: da un lato si percepisce l’attrazione per forme e colori che colpiscono il nostro sguardo e attivano la fantasia, dall’altro il dolore per la mancanza di senso di responsabilità e lungimiranza che come specie stiamo dimostrando.

Un progetto collettivo e articolato

Human Habitat non è solo una mostra, ma un progetto collettivo e articolato che ha messo in rete diverse realtà del capoluogo trentino. La prima fase di questo lavoro ha preso le mosse in epoca pre-pandemica, nel gennaio 2020, e ha visto la partecipazione di alcuni studenti universitari e giovani professionisti attivi in diversi ambiti. Il loro studio si è concentrato sul concetto di Antropocene e sull’indagine rispetto alla fenomenologia, alla definizione e al significato di questo termine.

La concretizzazione del progetto è stata poi possibile grazie alla direzione del MUSE, attivo nel ruolo di referente scientifico, al dialogo con le varie istituzioni locali, ma anche grazie alla collaborazione di attività economiche presenti sul territorio e al contributo economico di numerosi cittadini che hanno finanziato il tutto attraverso una piattaforma di crowdfunding. Nessuno si salva da solo, soprattutto davanti ai cambiamenti globali, quindi una comunità che collabora attivamente per creare cultura e per fare sensibilizzazione verso temi sempre più drammaticamente attuali è un seme di speranza.

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